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Volantino 5xMille Amici Insieme

Gli angeli della notte

Gli angeli della notte

Vado spedito verso casa sul mio scooter elettronico, sollecitato dalla fretta di sfuggire al gelo della notte d’inverno ormai inoltrata.
All’improvviso, da dietro un angolo semibuio della ciclabile sbuca un uomo in bicicletta, un fulmine. L’impatto tra noi sembra inevitabile, ma l’intuito di entrambi ci fa sterzare ciascuno sulla propria sinistra, limitando il contatto a uno sfregolio di giacche a vento. Sfortuna però vuole che, sulla mia sinistra, qualcuno anni prima abbia piantato un robusto pioppo, su cui mi schianto, ribaltandomi.

Siccome il ciclista figlio del vento si è dileguato, mi trovo solo sul selciato, nella notte buia, incapace di riprendere la corsa verso casa.

Frugo a stento, un po’ intontito dalla caduta, nella tasca alla ricerca del cellulare e mi accorgo che, a dispetto del buio, due ragazze percorrono a piedi lo stesso tratto di strada.
Dapprima impaurite, forse pensano a un ubriaco, dopo si precipitano in mio soccorso. Incapaci di sollevarmi, telefonano subito ai propri fidanzati. Arrivano in un attimo, prodigadosi a loro volta in mio favore. Sono tutti sui vent’anni, belli, ma ciò che più mi colpisce è la grazia e la dolcezza con cui mi assistono:

una spazzola il mio cappello con la manica del suo cappotto;

l’altra pulisce i miei occhiali con una salvietta comparsa dal nulla;

i ragazzi, raddrizzano il mio scooter e ne testano la funzionalità, mi ci caricano sopra senza troppi sballottamenti e tutto torna come prima.

Sul punto di salutarci, una delle due ragazze si rivolge a me:

– Ma lei è un angelo! Posso abbracciarla? –

e io un po’ confuso: – Sai, penso che l’angelo sia tu. –

Così tra angeli ci salutiamo e torno a casa felice e contento. È bello sapere che siamo angeli gli uni per gli altri e che, nella vita, per cose belle o brutte che accadono, l’unica da temere è quella di non riconoscere Dio accanto a noi, in chi incontriamo.

Alessandro Casadio

Elisabetta day

Domenica 17 novembre il Gruppo si recherà presso il cimitero di Civitella per salutare Elisabetta, storica presidente.

Questo il programma:

8.00 partenza -> visita a Forlimpopoli (Città Artusiana) e Cusercoli per la Sagra del Tartufo Bianco.
12.30 pranzo al ristorante “Il posto delle briciole” (crostini misti, tortelli alle erbe, penne balorde, involtini di petto di pollo, verdure miste, creme caramel, ecc.)

15.00 Saluto ad Elisabetta

16.00 S.Messa in memoria di Elisabetta e la delegazione celeste del Gruppo Amici Insieme.

 

Prenotarsi in sede.

 

La sagra del tartufo bianco di Romagna

Partire senza bagaglio (da Apri Insieme, giugno’13)

«Se sei venuto in Africa per aiutare me e la mia gente, stai perdendo il tuo tempo. Ma se sei venuto in Africa per sentirti un uomo libero, allora benvenuto! Così diceva un anziano masai ad un amico, qualche anno fa. La frase riassume bene ciò che penso e che ho imparato da quando esco dal guscio di questo nostro Paese.
Ogni viaggiatore ha il suo stile, la sua filosofia, il suo modo di rap-portarsi con chi incontra, le sue preferenze e le sue motivazioni.
C’è chi viaggia senza nemmeno incontrare le realtà locali e non si mescola. C’è chi viaggia alla ricerca di qualcosa di esotico, parte con un’insoddisfazione personale, una frustrazione, magari un fallimento che cerca di buttarsi alle spalle e intraprende una fuga dalla propria realtà e da sé o una ricerca esistenziale. Conta allora di misurarsi con se stesso, più che incontrare realtà differenti C’è poi, al contrario, chi parte con l’idea di aiutare. Cerca soprattutto l’incontro, il confronto con l’altro, ma spesso con un’idea di base distorta, con la presunzione di essere il giusto, il buono, il moderno, il superiore che tende la mano allo sfortunato, al misero, al retrogrado, addirittura al primitivo. Ed è chiaro che dietro questo atteggiamento c’è il retaggio dell’epoca coloniale e anche un’idea fondamentalmente razzista. Non è facile viaggiare spogliandosi dei propri pregiudizi. Ma solo così si può sperare in un incontro autentico, utile sia a chi parte che a chi ospita: partire senza bagaglio. Ovvero, lasciando a casa le proprie certezze, spogliandosi il più possibile delle proprie presunzioni e del proprio retroterra culturale. In tal modo, si può provare ad andare incontro a culture diverse senza giudicare. Non si può (e non si deve!) fare tabula rasa di ciò che siamo. Si tratta piuttosto di una sospensione del giudizio che permetta di immergersi in una realtà diversa, di lasciarsi contaminare, di mettersi in atteggiamento di ascolto umile e di lasciarsi stupire, sorprendere, col desiderio di imparare. Solo allora può nascere un dialogo fecondo.
Giusi Bajoni

Un cd x andare Dentro la storia

Negli ultimi 25 anni i Nuova Civiltà sono diventati una delle realtà più significative del Rock Cristiano, non solo nella provincia di Reggio Emilia, ma in tutt’Italia. A febbraio è uscito il loro nuovo album, “Dentro la storia” che pur presentando grosse novità nella line-up si pone perfettamente in linea con i precedenti lavori: buona capacità autoriale, un suono alla portata di tutti e un cammino che continua. 10 le tracce. Si comincia con un’introduzione all’omonimo brano “Nuova Civiltà” che richiama alla necessità di non conformarsi ad una società fredda e egoista. Quindi si riflette “Al di là del mare” su tutte quelle persone che si ritrovano costrette ad abbandonare la propria casa in cerca di situazioni migliori; poi con “Libera L’Anima” la necessità è quella di essere liberamente sé stessi, mentre in “Tutto in un Palmo” si considerano i tanti doni che la vita ci fa, che riempiono il nostro cuore, ma lasciano ancora spazio al bello inatteso.

Finalmente con “Si Ma Tu” si comincia a saltare e con “Il Tuo Volo Libero” si saluta un fratello.

“Emmaus” racconta proprio di un incontro speciale, mentre in “Saluto Te” ritroviamo due amici speciali della band, Roberto Bignoli e Francesco d’Assisi (quasi co-autore del testo).

Ritornelli facili, ma non scontati da cantare ai concerti come inni generazionali, di una civiltà che non scende a compromessi, ma che vuole vivere pienamente dentro la propria storia.

da Apri Insime n° 2 aprile 2013 – editoriale

In occasione dell’assemblea soci del Gruppo (in cui abbiamo condiviso la gioia dei 50 insieme di Giulio e Deanna) è stato distribuito il nuovo numero del nostro bel giornalino. Se non eravate presenti all’assemblea il prezioso foglio vi arriverà direttamente nella buchetta della posta, intanto però vi riportiamo qui l’editoriale di Giuseppe De Carlo …

La famiglia “sotterfugi”
Nelle narrazioni bibliche che hanno come protagonisti i patriarchi c’è un furbetto: si tratta di Giacobbe. Egli è il furbo, l’astuto, l’opportunista, il disonesto. E tuttavia i testi biblici lo dipingono il protetto di Dio. Viene dunque da chiedersi se Dio possa mai proteggere i disonesti.
Giacobbe fu disonesto quando approfittò della fame da lupo del fratello maggiore Esaù, per derubargli la primogenitura. E lo fece con poca spesa: con un piatto di lenticchie. Ma Giacobbe non si accontentò di ingannare il fratello perché, sempre a spese di lui, ingannò anche il padre con uno scambio di persona nel quale fu complice anche la madre: una famiglia, quella di Giacobbe, tutta coinvolta nei disgustosi giochi dell’inganno, o come parte attiva o come controparte passiva. La madre lo rivestì di pelli animali perché il padre di lui, ormai totalmente cieco, palpandolo, potesse identificare in lui il fratello, al quale doveva concedere la benedizione paterna e l’eredità.
Ebbe un bel dire il padre Isacco che la pelle era la pelle di Esaù, ma che la voce era la voce di Giacobbe; finì che lo benedisse. Ma la storia di Giacobbe non finisce così, perché la vita (o la Provvidenza?) lo sottopose alla legge del contrappasso. L’arameo Làbano era anche lui un furbo e lo ripagò alla grande. quando Giacobbe, innamorato di Rachele, sua figlia: per averla come sposa promise a Làbano sette anni di lavoro, e come promesso, lavorò sette anni che «gli sembrarono pochi giorni, tanto era il suo amore per lei». Ma la figlia che Làbano gli fece entrare nella notte delle nozze non fu Rachele, bensì Lia, la sorella maggiore, che non piaceva a Giacobbe, per via degli occhi smorti. Questi scoprì la sostituzione di persona e aggredì il suocero gridandogli: «Perché mi hai ingannato?». La risposta fu: «Dalle nostre parti non si dà in sposa la figlia più piccola, prima della primogenita». Giacobbe ebbe due mogli invece che una, ma dovette lavorare altri sette anni per avere quella che amava.

Giuseppe De Carlo