Partire senza bagaglio (da Apri Insieme, giugno’13)

«Se sei venuto in Africa per aiutare me e la mia gente, stai perdendo il tuo tempo. Ma se sei venuto in Africa per sentirti un uomo libero, allora benvenuto! Così diceva un anziano masai ad un amico, qualche anno fa. La frase riassume bene ciò che penso e che ho imparato da quando esco dal guscio di questo nostro Paese.
Ogni viaggiatore ha il suo stile, la sua filosofia, il suo modo di rap-portarsi con chi incontra, le sue preferenze e le sue motivazioni.
C’è chi viaggia senza nemmeno incontrare le realtà locali e non si mescola. C’è chi viaggia alla ricerca di qualcosa di esotico, parte con un’insoddisfazione personale, una frustrazione, magari un fallimento che cerca di buttarsi alle spalle e intraprende una fuga dalla propria realtà e da sé o una ricerca esistenziale. Conta allora di misurarsi con se stesso, più che incontrare realtà differenti C’è poi, al contrario, chi parte con l’idea di aiutare. Cerca soprattutto l’incontro, il confronto con l’altro, ma spesso con un’idea di base distorta, con la presunzione di essere il giusto, il buono, il moderno, il superiore che tende la mano allo sfortunato, al misero, al retrogrado, addirittura al primitivo. Ed è chiaro che dietro questo atteggiamento c’è il retaggio dell’epoca coloniale e anche un’idea fondamentalmente razzista. Non è facile viaggiare spogliandosi dei propri pregiudizi. Ma solo così si può sperare in un incontro autentico, utile sia a chi parte che a chi ospita: partire senza bagaglio. Ovvero, lasciando a casa le proprie certezze, spogliandosi il più possibile delle proprie presunzioni e del proprio retroterra culturale. In tal modo, si può provare ad andare incontro a culture diverse senza giudicare. Non si può (e non si deve!) fare tabula rasa di ciò che siamo. Si tratta piuttosto di una sospensione del giudizio che permetta di immergersi in una realtà diversa, di lasciarsi contaminare, di mettersi in atteggiamento di ascolto umile e di lasciarsi stupire, sorprendere, col desiderio di imparare. Solo allora può nascere un dialogo fecondo.
Giusi Bajoni